L’Italia è un Paese meraviglioso.
Lungo le sue coste ci si lascia cullare dalla risacca, o dalla confusione delle città di mare, profumate di salsedine e caciarone. Si prova una sensazione meravigliosa passeggiando sulla sabbia o tuffandosi da scogli roventi, e d’inverno lo sguardo si perde tra Tirreno ed Adriatico, spaziando dai tramonti alle albe.
Le colline ci accompagnano in un viaggio verso la spina dorsale della nazione. Profumate di mosto, argentate chiome d’ulivo, le campagne circondano borghi incantevoli. Il suono della campagna si fa intenso, romantico, appassionante.
Piccole città, grandi città d’arte, paesini sono il cuore pulsante della vita in Italia. Le campane vibrano beatamente a mezzogiorno.
Restano i monti. Divisi tra Alpi ed Appennini, raccontano dimensioni estremamente diverse tra loro.
Se gli Appennini sono case del Lupo Appenninico, luoghi ameni e dalle dimensioni contenute, delicati e selvaggi, le Alpi sono terra di confine, incredibilmente maestose e colpiscono con violenza direttamente l’anima.
Le Tre Cime di Lavaredo
Le Tre Cime di Lavaredo sono indubbiamente tra i luoghi alpini che più attraggono i frequentatori della montagna.
Luogo magico, ed emozionante, le Tre Cime di Lavaredo sono parte del complesso montuoso delle Dolomiti. Fanno parte dell’arco alpino orientale.
Poste a confine tra Trentino-Alto Adige e Veneto, le Tre Cime si trovano un po’ nel comune di Dobbiaco ed un po’ nel comune di Auronzo di Cadore. Raggiungerle è semplice, anche se non estremamente comodo per chiunque.
A circa cinque ore da Milano, ci si arriva facilmente in auto, percorrendo la famosa A4 (con le dita incrociate, nella speranza di non incappare nelle solite interminabili code) e l’Auto-Brennero (come abbiamo fatto noi, per raggiungere Dobbiaco).
Patrimonio dell’Umanità – UNESCO
E’ dal 2009 che le Tre Cime di Lavaredo sono state insignite del titolo Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
Se oggi queste montagne sono meta di pellegrini amanti della natura e della montagna, in un passato neppure troppo remoto sono state teatro di guerra. Qui, durante i due conflitti mondiali, i colpi di fucile han fatto da colonna sonora per il quotidiano di tanti giovani combattenti italiani ed austriaci.
Ancora oggi, infatti, passeggiando per i sentieri ci si imbatte nei baraccamenti, nelle trincee, nei bunker rimasti a memoria del doloroso passato del Vecchio Continente.
I monti e la guerra
Negli anni tra il 1915 ed il 1917 le Dolomiti, e dunque anche l’area intorno alle Tre Cime di Lavaredo, furono teatro di guerra.
L’esercito Italiano e l’esercito Austro-Ungarico si sfidarono, per lunghissimo tempo, tra i monti.
In inverni gelidi, tra neve, ghiaccio e roccia, tantissimi furono i giovani costretti a dormire abbracciati al moschetto. I ripari costruiti allora, ancora oggi sono visitabili.
Ed oggi, in un qualche modo, fanno vibrare le corde del cuore. I colpi di fucile, le grida, voci sommesse nelle notti stellate, risuonano nella mente se ci si si sofferma ad osservare i resti di quegli anni di sangue.
Una storia terrificante, quella della Grande Guerra, che oggi rende ancora più suggestivi i luoghi e le esperienze che viviamo.
Geografia dei luoghi
Le Tre Cime di Lavaredo si notano, già da lontano, per la loro maestosità. Sono, effettivamente, tre cime affiancate.
- Cima Grande – 2999mt.
- Cima Ovest – 2973mt.
- Cima Piccola – 2857mt.
L’intero areale delle Cime è un bacino idrografico importantissimo per la geografia del territorio. I tanti torrenti che nascono in questi luoghi scorrono a valle, confluendo alla fine del loro viaggio in fiumi come il Drava e poi nel Danubio, raggiungendo infine il Mar Nero. Altri scivolando verso ovest raggiungono l’Adige e poi l’Adriatico.
Altri ancora scorrono verso il sud e raggiungono il Piave.
Un pomeriggio ai piedi delle Cime
Abbiamo scelto di recarci alla scoperta delle Tre Cime di Lavaredo sul finire di ottobre. E’ un anno strano, le temperature in città sono ancora estive (si, a Milano il termometro segna, sul finire del mese d’ottobre, i 20°C), ma le previsioni indicavano possibilità di neve sulle Dolomiti.
Quale miglior occasione per godere di uno spettacolo innevato e candido prima che l’inverno arrivi?
Partiamo un venerdì nel tardo pomeriggio, il cielo è plumbeo e la strada da percorrere tanta. L’auto scivola sull’asfalto, poi traffico inevitabile nei pressi del Lago di Garda. Giungiamo a Dobbiaco dopo circa 5 ore e 30 minuti. Il fine settimana, purtroppo (o per fortuna) c’è traffico sull’A4.
Raggiunto l’hotel il sole era già calato.
Cena con piatti tipici, dallo speck al pane con i semi di finocchietto, ai canederli in brodo e le tagliatelle con ragù di selvaggina e salsa di mirtilli rossi. Una cucina un po’ pesante – è montagna! -, ma golosissima!
L’indomani avremmo dovuto ascendere alle Cime.
Condizionale, il verbo. Appena svegli il canto della pioggia non si è fatto attendere!
Montagna rimandata.
La strada per il Rifugio Auronzo
D’improvviso le nuvole hanno smesso di coprire il cielo. La pioggia ha lasciato spazio ad un sole piacevolissimo.
Ci siamo rimessi in auto e abbiamo puntato alle Tre Cime.
La strada da Dobbiaco non è molta, e quella che si percorre è davvero bella. Panorami mozzafiato tutto intorno, tra boschi e laghi di montagna. Le emozioni sono tante, l’aria intorno pura e profumata.
Raggiungiamo l’incrocio che, nei pressi di Misurina, conduce alle vette. La strada si inerpica e dopo un po’ si raggiunge il casello. Per raggiungere il parcheggio, dunque il Rifugio Auronzo, bisogna pagare un pedaggio (per le auto pari a 30€) che ha valenza di giornaliera (vale 24 ore, dalla mezzanotte alla mezzanotte). Se decideste di pernottare, l’indomani dovrà essere pagato nuovamente in uscita.
Raggiungiamo il parcheggio, da cui si gode già un panorama mozzafiato e accomodata l’auto tra le strisce tracciate (fatelo, ci sono sempre i menefreghisti, ma in stradine già di per se strette diventa complesso per gli altri far manovra) sorridiamo al freddo.
La temperatura è calata, un leggero venticello ci accarezza e intorno a noi già le prime tinte del tramonto iniziamo a farsi notare.
Sentiero per le Tre Cime di Lavaredo
Il Rifugio Auronzo è chiuso in bassa stagione, ma lo prenderemo come riferimento per indicare, comodamente, il punto d’inizio del sentiero che conduce comodamente alle Cime.
Proprio alle spalle del rifugio inizia il percorso CAI. Lo si trova facilmente.
Il sentiero è davvero semplice. Ben tenuto, battuto e pulito. Sulla destra ci si perde con lo sguardo sulle valli sottostanti, sulla sinistra si vedono le Tre Cime.
Camminiamo, nel silenzio violento di un pomeriggio d’autunno subito dopo una giornata di pioggia intensa. E’ una sensazione meravigliosa, profumi, suoni, immagini di una natura incantevole e maestosa.
Lungo le pendici dei monti intorno si intravedono chiaramente i segni di una guerra che ha segnato la nostra storia e quella d’Europa.
E’ facile anche incontrare segnalazioni che indicano quali percorsi conducono ai sentieri della Guerra, a baraccamenti e rifugi antichi. Qualche torrente scorre placidamente tra le rocce.
Incontriamo, fortunatamente, pochi altri avventori. La montagna è tutta nostra!
Passeggiamo e raggiungiamo una piccola chiesa. E’ li, silenziosa, a memoria di vite andate.
Continuando, sui nostri passi, incontriamo un altro piccolo rifugio. Il Rifugio Lavaredo è chiuso, come l’Auronzo, in bassa stagione. Qui c’è anche uno snodo tra diversi sentieri. Noi seguiremo quello principale. Adesso inizia ad aumentare la pendenza, ma le Cime sono proprio lì, accanto a noi. Basta davvero poco per raggiungere il versante nord.
La montagna dei sogni
Quando giungiamo ai piedi delle Tre Cime, tutto intorno è silenzio. Un vento freddo soffia placidamente. Sono gli attimi che danno il benvenuto al crepuscolo. In autunno le ore di luce sono poche, c’è decisamente poco tempo prima che la notte si avvicini ed è impossibile completare il percorso ad anello (lo faremo, sicuramente, più in la!).
Immersi in un silenzio profondo ammiriamo la maestosità della montagna. E’ strano, e complesso, da raccontare: è come ho sempre sognato la montagna.
E’ difficile descrivere l’imponenza, la sensazione di infinitamente piccolo che si prova al cospetto di un tempio naturale come le Tre Cime di Lavaredo. E’ un’emozione particolare, per me che amo la montagna, sentirsi parte di un mondo immacolato. Sarà stata complice la stagione, il meteo non certo entusiasmante della mattinata, ma l’assenza di avventori ha regalato ancor più suggestioni. E’ l’essenza della montagna, il silenzio, la quiete, la pace. Un luogo in cui tutto è lontano, tranne se stessi.
Storia e storie dalle Cime di Lavaredo
Se il paesaggio incanta, ristora gli occhi stanchi dell’urbanizzazione selvaggia, le storie e la storia che il vento racconta su alle Cime di Lavaredo incantano i pensieri.
Avvolti dal profumo della montagna, osservando le Tre Cime di Lavaredo da un piccolo fortilizio scavato nella roccia, ci perdiamo nei racconti trasportati dal vento autunnale.
1800 e dintorni
Fino all’800 delle Cime di Lavaredo poco si era sentito parlare. Esistevano, eterne, celate dentro storie antiche. Pare che le leggende diffuse nella Val Pusteria raccontassero di Giganti che, in guerra tra loro, cadendo avessero dato vita a monti e borghi. Ma son storie antiche, quasi sbiadite.
Un primo vero e concreto interesse alpinistico viene manifestato da Paul Grohmann. Correva l’anno 1869, il viennese conquista la Cima Grande in poco meno di tre ore, accompagnato dalle guide locali Franz Innerkofler e Peter Salcher.
Dieci anni dopo si ebbe la scalata alla Cima Occidentale. A raggiungere la vetta fu Michel Innerkofler accompagnato da Georg Ploner.
Infine la Cima Piccola fu scalata anni dopo, nel 1881, da Michel ed Hans Innerkofler.
Sentori di guerra
La montagna non mente mai. Non so dove io abbia sentito questa frase, o se a suggerirmela è stata la testa, inventandola di sana pianta. Fatto sta, la storia avalla quanto scritto.
L’aria di guerra aveva iniziato a spirare tra Austria ed Italia. Furono proprio i monti a raccogliere i venti di battaglia e a raccontare a chi quei luoghi li viveva dell’imminente pericolo.
Sepp Innerkofler, che le Dolomiti le viveva intensamente, prima della dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria, il sentore che qualcosa stesse per scatenarsi lo aveva. Sepp diede il via a delle milizie locali, gli Standschützen tirolesi. Conoscendo i monti in cui viveva, rese ardua la vita agli Alpini, limitando l’intervento dei militari italiani. Nel 1915 Sepp cadde sul Monte Paterno.
Gli Alpini diedero onore al corpo di Sepp, sulla sua tomba posero una lapide commemorativa con l’iscrizione “Al morto re delle Dolomiti, i suoi nemici.”
Documentari di montagna
Il novecento fu il secolo delle grandi invenzioni. Ai suoi inizi nacque anche un progetto: fotografare le Tre Cime di Lavaredo.
Se ne occuperà Frank Ormiston-Smith, inglese che vendette le sue riprese come “il Maggiore spettacolo del Mondo“. Ne nascerà un documentario, intitolato The Three Tops.