La nostra avventura alla ricerca della pizza perfetta continua.
Tra i maestri dell’arte bianca che ci hanno incuriosito, stavolta, trova posto un eccentrico pizzaiolo che si presenta, esuberante, armato di farina e cappello. Si tratta di Salvatore Lionello.
Di lui si parla, spesso, anche sul web. Qualcuno ne critica la comunicazione eccentrica fatta sui social network, qualcuno l’eccessiva sicurezza di se, altri ne lodano le idee gustative, altri l’impasto. Insomma, nel marasma di opinioni contrastanti, noi abbiamo scelto di provare le sue creazioni.
Pizzeria da Lionello, che fila!
Estate strana, a meridione! Mentre il Nord dell’Italia combatteva con la siccità, al Sud ed in Campania la pioggia non ha fatto sentire la sua mancanza.
Messi in auto, abbiamo puntato verso Succivo per raggiungere la Pizzeria da Lionello.
Con il cielo rosa, le nuvole che pian piano avanzavano verso la nostra meta, abbiamo parcheggiato nei pressi del locale e ci siamo subito accomodati. Qui non si prenota!
Chi prima arriva, meglio alloggia! – direbbe la saggezza popolare. Gli altri, giunti dopo, erano in coda all’esterno.
La sala è bella, curata, elegante e razionale. Non è un arredo minimalista in senso stretto, ma non ci sono fronzoli e stonature.
Un assaggio fritto
Prima di concederci alle pizze, abbiamo scelto di provare due cose tipicamente campane: frittatina di pasta (che, per chi non lo sapesse, non è una frittata a base uova) e crocchè di patate.
La frittura arriva, profumata e dorata, presto.
Sia il crocchè che la frittatina sono bellissimi, dorati, con quella crosticina non unta e profumata. Il crocchè, un gran classico partenopeo, è goloso. Patate, mozzarella, pepe e formaggio. Semplice, eppure soddisfacente come poche altre cose.
La frittatina è un qualcosa di meraviglioso, un prodotto opulento. Ricco, dentro, di besciamella che si adagia sui bucatini, piselli, prosciutto, pepe, mozzarella, formaggio… un tripudio di gusti tondi ed intensi.
Ci piacciono tutti e due i fritti. Decisamente promossi.
Si passa alle pizze…
Le pizze: con o senza cappello?
Di Lionello due cose, per chi lo segue un po’, si ricordano a primo impatto: il cappello del pizzaiolo, la dicitura “diversamente napoletana” e la cottura “asciutta asciutta“.
Le aspettative ci sono, così procediamo ordinando:
- Se io fossi Margherita;
- Patanella;
- Nerano;
- Parmigiana scomposta;
a cui farà seguito, al posto del dolce, una prova un po’ azzardata:
- Smoked (impasto al tegamino ai cereali)
Abbiamo condiviso, tra commensali al tavolo, le pizze così da poterne assaggiare tutti. C’è stata, stavolta, una convergenza di opinioni: una pizza ha convinto tutti, eletta a migliore della serata.
Ma ve lo diremo tra poco…
Senza pregiudizi
La premessa fondamentale da fare, sempre, quando si parla di gusti è quella di non dimenticarsi mai che tutto è soggettivo. Per quanto si punti all’oggettività, quando entra in campo la discriminante di gusto, tutto è relativo. Solo i grandi numeri tendono a portare una valutazione verso una certa “oggettività“…
Le pizze al forno
Le prima a giungere a tavola sono le pizze al forno, non quella al tegamino.
Iniziamo il viaggio alla ricerca della pizza perfetta puntando alla pizza Patanella. E’ bella a vedersi, anche se richiama un po’ i sapori dell’autunno. Le patate al forno, i porcini, la salsiccia… ma fuori il cielo è diventato cupo, qualche fulmine trafigge l’aria in lontananza avvisandoci con flash improvvisi, il vento inizia a far sentire la sua presenza alle chiome degli alberi.
La pizza è golosa allo sguardo, ed anche in bocca riempie di rotondità. E’ corposa e leggera insieme. L’impasto, soffice e leggerissimo, si scioglie dopo il morso, il condimento però non resta ad imprimere la sua firma. E’ tutto molto tondo, come dire… effetto burroso. Non c’è qualcosa che pizzica le papille e lascia il segno.
La Nerano, con i suoi verdi riflessi, sfumature arancio e profumo di provolone attende sorniona. Attesa breve, la sua.
Porzionata, passiamo all’assaggio.
Qui la complessità, rispetto all’amica Patanella, cresce. Le consistenze, così come i sapori, sono più articolati.
Il sapore, molto delicato, è interessante. Si accentuano le dolcezze, forse per un difetto di quantità del Provolone del Monaco? Ma le intenzioni del maestro Lionello non le conosciamo e la prendiamo così come ci arriva.
Buona, molto buona, tendente al dolce… anche qui poca è l’incisività. Il brio arriva più che altro con la leggera croccantezza del basilico fritto (le chips meno).
Bellissima, e famosa, è la pizza Parmigiana scomposta. I più attenti l’avranno già vista, e chissà, divorata con gli occhi, nei video di Salvatore Lionello.
E’ bella, particolare. Le melanzane fritte, sottilissime, si ergono verticali a creare un intricata maglia dorata, si lanciano colorati nel mezzo degli spazi pomodorini semi-dry e foglie brillanti di basilico fritto. La spuma di parmigiano ha perso un po’ di corpo ed inizia a fondersi con la crema alla base.
La fetta è ricca, profumata. La si addenta con cupidigia.
Ancora una volta la scioglievolezza dell’impasto lascia che il succulento condimento avvolga le papille gustative. E’ un’onda di melanzane. Morbide, prima, croccanti, poi. Crema, chips. Il basilico da balsamicità, i pomodorini carattere. La spuma, rotondità. E’ complessa, articolata, con ancora predominante quel senso di burrosità che riempie, rotondo, il palato.
Molto buona.
La pizza che tutti incoroniamo regina della serata è Se io fossi Margherita.
Quel “Se io fossi…” è la vera sorpresa.
Sulla pasta troviamo il pomodoro, ci sono poi i pomodorini semi-dry, il caciocavallo di Agnone, il fiordilatte, il basilico, l’olio EVO. Semplice, anzi semplicissima. Una margherita ripensata, arricchita. E che gusto. Intensa, rustica, dirompente.
A differenza delle altre mostra un carattere deciso, sferza in bocca con sapidità, freschezza, leggerissima untuosità. E poi l’aroma particolare del pomodorino, esaltato dal caciocavallo. E poi di nuovo, sul cornicione, la leggerezza dell’impasto, neutro.
Almeno a mio parere: una delle migliori margherite assaggiate!
La pizza al tegamino
Smoked.
Sa di carbone, fumo, quasi di sigaro. E’ la pizza che abbiamo deciso di provare per chiudere la cena.
Non è un dolce, è un prodotto da forno diverso dalle pizze classiche. Non è un impasto che va a contatto diretto con la superficie resa bollente dal fuoco, ma cuoce nel tegamino di ferro.
Proviamo.
L’impasto, a mio avviso, è quello che ricopre la scena del protagonista: cereali, presumo anche carboni attivi. E’ nero, sofficissimo, l’integrale del cereale si sente al dente. Profumato, molto goloso, leggermente aromatico.
Ad arricchirne, e penso ad esaltarne il gusto, il condimento: stracciatella pugliese, zucchine aromatizzate al lime, prosciutto cotto affumicato, gocce di crema di limone.
E’ una pizza molto strana. Complessa, purtroppo anche disequilibrata secondo me. L’impasto sovrasta un po’ tutto. Quando però si incontra la goccia di limone, boom! Esplode.
Davvero interessante, fresca e rustica, dolce e sapida. Ma non è sempre facile beccare tutto al punto giusto!
Un’esperienza diversa
Il viaggio verso la pizza perfetta prosegue, e proseguirà. Avevamo visitato I Masanielli di Francesco Martucci, prima.
La seconda tappa ci porta sempre in Campania, in provincia di Caserta, ma più vicini a Napoli. E’ un’esperienza diversa. Interessante, intrigante, ma decisamente meno “singolare” che quella vissuta da Martucci.
Se l’impasto, nella sua scioglievole costanza, è sempre qualcosa di incredibilmente piacevole, il mondo dei topping non regge il confronto. Ma, come dicevamo prima, son gusti personali. Ognuno ama la pizza che ama!