L’Italia è un Paese bellissimo, ha una storia antichissima da raccontare ed abbiamo la fortuna di viverla (da turisti o da locals) quotidianamente. Ogni territorio è intriso di storie, non sempre gioiose, ma preziose indubbiamente.
Eppure, guardandosi intorno, c’è anche una serie di nuove pagine che stiamo scrivendo con parole estremamente tristi: è l’Italia che muore, con i suoi borghi del silenzio.
L’Italia che muore: Bisaccia
Il luogo di cui vi parliamo oggi è sito in Irpinia d’Oriente, lì, nel mezzo dell’Alta Irpinia, tra altopiani dorati d’estate – con il grano che si lascia cullare dal vento – e candidi d’inverno – dove la neve rende tutto immacolato. Vi raccontiamo di Bisaccia, o meglio di quella che fu Bisaccia e che oggi è un luogo che profuma di silenzi pesanti.
Lo facciamo, questo piccolo viaggio, con un amico, un artista, un narratore contemporaneo: Vito Tonino Nicoletta.
Il Bisaccistan: intervista a Vito Nicoletta
Vito ed io ci siamo conosciuti anni fa, durante una delle giornate che organizzai quando ancora ero alla guida del progetto intitolato “Invasioni Irpine” – uno spin-off di “Terre del Lupo – Alla scoperta dell’Irpinia“.
Persona eccentrica, creativa, colta, mi ha subito incuriosito. Negli anni abbiamo affrontato percorsi fotografici nei territori d’Irpinia, ci siamo spesso confrontati, abbiamo discusso e riflettuto su tanti temi, soprattutto sull’impoverimento demografico delle provincie, e delle conseguenze di questo.
Ho scelto di intervistarlo, presentarvelo e ragionare un po’ insieme a lui ed a voi.
Chi è Vito Tonino Nicoletta
D: “Ciao Vito, noi ci conosciamo! Che ne dici di presentarti agli altri? Fallo a modo tuo…”
R: “Vito Nicoletta è un artista visuale Napoletano (…). [Sono un] Tecnico per formazione scolastica (Perito Aeronautico), mi avvicino all’arte frequentando, giovanissimo, la bottega del grande artista Pietrantonio Arminio, che accende in me la passione per l’arte.
Le prime esperienze di arti visive iniziano con la fotografia, giovanissimo, autodidatta. Ancora adolescente collaboro per alcuni anni come fotoreporter presso un giornale napoletano come inviato di eventi musicali, passione che riprendo poi, a distanza di molti anni, nel 2015.
La ricerca continua di nuove forme espressive nell’arte fotografica mi ha portato alla riscoperta, sperimentazione, manipolazione e rielaborazione di antiche tecniche fotografiche di stampa in camera oscura.”
D: “Si, ma non sei solo un fotografo! La pittura?”
R: “Inizio a dipingere, autodidatta, dapprima sporadicamente, poi dal 2007 mi dedico più assiduamente alla pittura, in particolare a quella sperimentale utilizzando tecniche miste di grande impatto cromatico. I miei lavori perseguono un astrattismo surreale con un’attenzione rigorosa alla sperimentazione informale, con uno stile molto personale e intriso di una marcata vena onirica.”
D: “Però sei anche sculture!”
R: “Nel 2018 mi appassiono alla scultura. Comincio con il legno per passare poi alla pietra, al ferro e a materiali vari. Il tema dei mostri che abitano nell’intimo dell’uomo e possono emergere alla luce della coscienza come da una caverna sotterranea da vita al progetto per la rappresentazione dei ‘mostri’ della tradizione popolare.”
Bisaccistan: eutanasia di un borgo
D: “Oggi, però, vogliamo parlare dei borghi del silenzio. I paesi che, neppure troppo lentamente, stanno morendo. Tu vivi a Bisaccia, uno di questi luoghi destinati all’oblio. Hai realizzato un corto che racconta proprio questa sofferenza dei luoghi. Ce ne parli?”
R: “L’idea di Bisaccistan nasce circa un anno fa con l’ intento di realizzare un film di denuncia sull’ eutanasia dei piccoli centri oramai disabitati della dorsale appenninica d’Italia, le ‘terre dell’osso’ descritte Manlio Rossi Doria.
La sinopsi del film narra la storia di un emigrante che dopo 40 anni ritorna al paesello d’origine e lo ritrova vuoto e arido come vivesse il day after di una guerra nucleare. In preda ad uno stato ansiotico comincia a correre affannosamente tra vicoli e piazze alla ricerca di parenti e di amici che aveva lasciato ma non trova più nessuno, solo case vuote, vento e rovine.”
D: “Triste… e cosa accade poi?”
R: “Dopo un affannato girovagare, oramai stanco, giunto al muro insormontabile della tomba di Calicola capisce che quel luogo è morto per sempre, complice l’indifferenza di tutti, l’indifferenza degli sconfitti.”
D: “C’è, in tutto il video, un senso d’inquietudine profonda… ed i suoni l’amplificano…”
R: “Vorrei sottolineare che la voce fuori campo che si sente all’ inizio del film, mentre parla da sola, alla nebbia, non è di un attore ma dell’ unica persona, escluse le quattro figure riprese nella piazza principale del paese, incontrata nei luoghi delle riprese del film in due mesi.”
I Borghi del silenzio: Bisaccia
Continuiamo a raccontarci idee, a pensare alle prospettive future, e chiedo a Vito cosa pensa del domani di questa terra (l’Irpinia) e di Bisaccia, il suo paese.
D: “Cosa pensi di questo impoverimento antropico? Del silenzio che avanza galoppando?”
R: “Bisaccia e la dorsale appenninica d’Italia in generale sono oggetto oramai da molti anni di un preoccupante fenomeno di spopolamento. In taluni posti si è già all’estinzione. I fenomeni scatenanti sono molteplici, la mancanza di lavoro, la mancanza di servizi, la quasi totale assenza di luoghi e occasioni sociali e culturali, rendono la vita molto difficile in questi piccoli centri.”
D: “L’emigrazione forzata è il nostro male. Obbliga intere generazioni a lasciare le proprie origini per trovare fortuna altrove, al nord o all’estero. Secondo te, che hai scelto di restare, c’è una soluzione?”
R: “Partendo dall’idea di territorio come bene comune, qualche idea non di rinascita (sarebbe troppo presuntuosa), ma quantomeno di interruzione di declino la coltivo nella mia testa.
Vi è un enorme patrimonio immobiliare inutilizzato che con il passare dei giorni diventa sempre più inutilizzabile: perché non investirci?”
D: “Facile a dirsi, ma funzionerebbe?”
R: “Un modello da prendere ad esempio è per me Bussana Vecchia, un piccolo borgo alle spalle di Sanremo.
Il borgo, completamente abbandonato dopo un terribile terremoto nel 1887, rimase senza abitanti, diventando un vero e proprio borgo fantasma. Rivive oggi grazie alla passione di alcuni artisti che l’hanno scelto come laboratorio a cielo aperto.
Bussana si era svuotata completamente per poi rinascere negli anni Cinquanta grazie ad un gruppo di artisti, filosofi e artigiani che hanno ristrutturato le antiche case sorte intorno al castello, trasformandole nelle loro nuove residenze e in studi artistici.
Oggi il borgo, tra laboratori a cielo aperto, osterie e negozi colorati, ha ripreso vita e prosperità ed è meta di migliaia di visite all’anno.
Perché non spostare il modello di Bussana Vecchia a Bisaccia e in altri borghi ?
Perché non fare un bando per affidare questi immobili ad artisti, artigiani, scrittori piuttosto che vederli deperire inesorabilmente giorno dopo giorno ?
La bellezza porta sempre bellezza e talvolta porta anche benessere.
Parafrasando però un mio vecchio aforisma :‘Per vedere la bellezza ci vogliono occhi belli’.”
La vita nei borghi del silenzio
Sognare un’Italia in fermento non è sbagliato. Anzi.
Le città, con la loro ricchezza, il loro dinamismo, la frenesia, le opportunità che sbocciano come fiori nelle aiuole, la permeabilità delle idee e i confronti ampi sono cose bellissime.
Ma dove l’urbanizzazione cresce, la socialità profonda, il senso di comunità-famiglia, il guardarsi con gli stessi occhi dai primi anni di vita fino alla morte, il profumo dei campi, il suono delle campane che la domenica urlano “è ora di pranzo“, la briscola al bar, il sapere cosa accade in ogni dove senza videocamere e senza dover consultare Google, sono cose che rapidamente scompaiono.
Un esempio, interessante, di luogo “salvato” dall’uomo è Crespi d’Adda, oppure Pitigliano, così come all’opposto lo è Consonno.
La vita a Bisaccia
Una domanda, a cui ho già avuto più volte risposta, mi torna in mente.
D: “Ma tu, alla fine, perché sei finito a Bisaccia? Napoli non t’andava bene?”
R: “A tutti capita di fare la grande stronzata della propria vita.” – Quale risposta migliore poteva darmi Vito? Ma si spiega subito dopo. – “Sono napoletano e ci tengo a sottolinearlo. I miei avi erano di Bisaccia.
Il Comune di Bisaccia si adoperò a pubblicizzare una vendita di case ad 1€, anche con interviste rilasciate alla CNN americana. Avendo la necessità di crearmi una bottega d’arte, con un pensiero alla terra dei miei avi e con la possibilità di acquisto ad 1 €, valutai l‘ idea di realizzarla nel borgo di Bisaccia.”
Inizio di un’avventura
D: “Ottimo, no?”
R: “Mi recai speranzoso presso il Comune di Bisaccia, ma del bando di vendita di case ad 1€ però nemmeno l’ombra. Trovai però un bando di dismissione di immobili comunali a tutt’ altri prezzi.
Tra le varie proposte scovai una tipologia che poteva fare al caso mio. Una struttura all’abbandono da decenni, costituita da 8 pilastri con le relative travi ed un metro in altezza di rifiuti e animali morti in putrefazione, confinante con altri ruderi.”
D: “Insomma… non proprio l’affare della vita, no? Però hai deciso di investire…”
R: “Malgrado tutto il degrado circostante decido di acquistarla speranzoso che in 6 mesi al massimo, il tempo necessario in un posto normale per ultimare i lavori di un immobile di piccola metratura come questo, avrei potuto completare la bottega e cominciare a lavorare.
A pochi giorni dall’inizio lavori sono cominciati i problemi, tanti, assurdi, paradossali. I lavori tutt’oggi, a tre anni di distanza, non si riescono ad ultimare tra mille difficoltà quotidiane di ogni genere.”
D: “Dunque…”
R: “Questi sono luoghi in cui la gente, a ragion veduta, non vuole venire a vivere, tanto meno a lavorare, neppure se incentivata economicamente.
Se in questi luoghi da cui tutti scappano via si costringe a fuggire via anche quei rari, preziosi, folli che vengono ad investire i propri soldi, il proprio tempo, le proprie competenze e soprattutto la propria vita, è finita!
Credo che con questo stagnante andamento delle cose, questi luoghi non hanno alcuna speranza di futuro e credo anche che questa sia stata la grande stronzata della mia vita!”
D: “Però, conoscendoti, una domanda so che te la fai, nonostante tutto. E che tu, questi luoghi, profondamente, li ami.”
R: “Quello che mi chiedo io oggi è : <<Che ci faccio qui?>>. Quello che vi chiedo io oggi è: <<Questi luoghi meritano l’estinzione?>>”