Raggiungere l’isola di Hvar, da Dubrovnik, non è complicato.
Richiede tempo e bisogna macinare un po’ di strada.
L’isola di Hvar
La mattina, dopo una bella colazione con biscotti, caffè greco e succo di frutta, ha preso il via col rombo del motore. Tutto pronto, salutati Mark e Boba, ci siamo rimessi in strada, puntando stavolta a nord.
Bisognava superare nuovamente la frontiera con la Bosnia (dove, per nostra fortuna, non abbiamo incontrato traffico) e poi virare verso la costa non appena rientrati in Croazia.
Le impressioni, anche al ritorno, di mattina e non al tramonto, non sono state diverse: le due nazioni raccontano modi agli antipodi.
Abbiamo raggiunto presto (tutto sommato) Drvenik, dove appena giunti al porto (non che la cittadina sia molto più grande del porto!) siamo corsi a fare i biglietti per l’imbarco (nostro e dell’auto).
Si, avete capito bene. I biglietti sono stati fatti la mattina stessa.
La compagnia di navigazione croata non consente di prenotare il posto per il viaggio. Anche con il biglietto fatto da casa, mesi prima, si fa la coda. Chi prima arriva, prima imbarca.
Ci siamo messi in fila, e con la fortuna dei dilettanti, per un’auto non siamo saliti sul primo traghetto in partenza (30 posti totali). Quindi quale occasione migliore di una seconda colazione al bar? Tre bomboloni, tre caffè, una spremuta ed un gelato: circa 6€. Qui, stavolta, il prezzo è quello che avevamo sperato: viva l’economicità!
Croazia ed isole: solcando il mare
Ci imbarchiamo, lungo la traversata, in lontananza scorgiamo dei delfini che scivolano allegri tra le onde.
Viaggio tranquillo, di circa 40 minuti. E raggiungiamo l’isola di Hvar.
All’arrivo, come alla partenza, un microscopico centro abitato ci accoglie. Puntiamo l’auto verso Starigrad, all’altro capo dell’isola e via, con il motore ruggente, ci lanciamo verso le vie di campagna. Una fila interminabile d’auto (si, non hanno uno spazio per chi imbarca) sta ferma lungo la strada, sull’altra corsia, in attesa del proprio turno di imbarco.
Starigrad: una cittadina incantevole
Un’oretta d’auto, tra curve, olivi, case antiche e disabitate, bar e cartelli ci separa da Starigrad.
Mi è parso, per un attimo, di essere in Grecia. Lungo la strada il panorama, prettamente agricolo, regala scorci piacevoli per qualche foto.
Giunti a Starigrad si fa ingresso in una cittadina quasi moderna, ma piccina.
E qui, forse, ci sarà la prima piacevole sorpresa della Croazia. Lasciamo l’auto nel cortile della casa, prenotata in anticipo.
E’ una villetta dietro il porto, con proprietaria e nostra ospite una donna di Zagabria che non parla inglese, non parla italiano, non capisce spagnolo o francese e non ha idea di come comunicare con noi.
Ci dice di parlare con il figlio via Whatsapp, lui ci farà da interprete a distanza. Ottimo!
Ci offre della “Duma”, pare si chiami così, un liquore di mele, simile al Calvados, ma fatto in casa.
Ringraziamo, ma per evitare spiacevoli inconvenienti non lo beviamo.
Usciamo di casa, facciamo due passi nel centro: è carinissimo. Un paese di pescatori. Case in pietra, veneziane azzurre, piccole botteghe, ristorantini, anziani alle porte di casa, profumo di cucina.
Ha un sapore vero, e non è l’amaro!
Pranziamo in un piccolo bistrot: alici, calamari e buzara di cozze (qui la fanno rossa). Tutto squisito. Il prezzo è di circa 12 euro a testa, più che onesto.
Un mare meraviglioso ed un borgo vivo
Dopo il pranzo, e qualche passo ancora per la cittadina, puntiamo a una spiaggia da scoprire.
Un bagno ristoratore è sempre ben gradito.
Non lontano dalla città, manco a farlo a posta, ci sono varie calette selvagge, raggiungibili in barca. Noi ci andiamo a piedi, via bosco.
Dopo un breve sentiero pietroso e una finta arrampicata approdiamo nella piccola baia. Alcune signore croate fanno nudismo, altri più in là dormono al sole.
Ci accomodiamo, tranquillamente, sotto ad un albero.
Tuffi e nuotate in un’acqua cristallina. Sul fondale cetrioli di mare e ricci in abbondanza, qualche granchio sugli scogli sfugge alla vista. E’ la pace dei sensi.
Dopo il tramonto, quando il cielo volge al blu, torniamo a casa per una doccia e vivere Starigrad con la luna in cielo.
Starigrad di sera è viva, colorata, animata. Localini brulicano di gente, e i ristorantini (con prezzi accettabili) offrono menù variegati ed appetitosi. Molto buona, e sempre presente, è la verdura alla dalmata (ricorda, neppure troppo lontanamente, le rape e patate irpine).
Abbiamo cenato calamari, gamberi, buzara di cozze (stavolta bianca e col vino) e vino bianco della casa. Sempre 12€ a persona, ma tanto gusto e tanto piacere nel trascorrere una serata meravigliosa sotto le stelle. L’aglio, meglio dirlo, fa da filo conduttore nella cucina della zona.
Dopo una passeggiata, presi un po’ dalla stanchezza, ci siamo fermati a prenotare il passaggio nave per raggiungere Bol (o meglio, il corno d’oro). E via, a letto.
Bol, o L’isola di Brac
Hvar ci avrebbe accolti ancora per un po’, ma di primo mattino, zaino in spalla e qualche prodotto da panificio in borsa, siamo andati a prendere la barca che ci avrebbe condotti a Bol, sull’isola di Brac.
Un’oretta di navigazione, lungo le coste di Hvar e poi lungo quelle dell’isola dirimpettaia. Si approda a Bol città, dove si percepisce già l’aria di un turismo più sviluppato.
Negozi curati, bar, lungomare, mille persone che praticano attività d’ogni tipo, una costa ricca di bagni, di barche ormeggiate… di villeggianti non proprio facili da accontentare.
Qui, con una passeggiata di una ventina di minuti, si raggiunge il famoso corno d’oro di Bol, una lingua di terra (sabbia di ciottolini) che, si dice, cambi forma con vento e marea.
Acqua meravigliosa, si, ma c’è folla come se si fosse a Rimini, a ferragosto, su una spiaggia libera.
Nessun particolare degno di nota, se non il sole spacca pietre e l’acqua azzurra come gli occhi delle valchirie.
La mattinata e il pomeriggio trascorrono nell’ozio, pisolini e bagnetti. Poi un salto al bar, per un frullato Bio e via a riprendere la barca per far ritorno a Starigrad, dove avremmo fatto le valige presto e dopo una serata per strada, a respirare l’aria del mare, ci saremmo dovuti costringere al sonno per la ripartenza l’indomani, in direzione Spalato.
Spalato: una Croazia meravigliosa!
Nuovamente l’avventura del traghetto da affrontare, ma essendo un diverso porto di partenza la situazione non è stata propriamente rosea come precedentemente narrato.
Arrivati in direzione di Hvar porto, la fila, già dalla strada extraurbana, ci attendeva immobile.
Due di noi, fermi in auto, e due a caccia del biglietto.
Dopo aver camminato per un chilometro buono, abbiamo potuto comperare il biglietto e la colazione (cornetti non malvagi e una focaccia) nell’unico bar nei pressi del porto. Attesa lunga, doppia. Giro al centro commerciale (che non ha nulla a che vedere con i nostri, di centri commerciali) che non ha nulla di interessante e finalmente imbarco.
Una notte a Spalato
Il viaggio è lungo.
Ore di navigazione in un traghetto più grande di quello passato, e più caotico, con persone buttate alla bell’e meglio.
Dormiamo un po’, prendiamo un caffè e finalmente vediamo all’orizzonte la città di Spalato. E’ grande. Si nota fin da subito.
Sbarchiamo e ci troviamo catapultati nel traffico.
Chiamiamo il nostro ospite, ci attende, apparentemente frettoloso, sotto l’appartamento. La sua consorte sta per partorire, ma lui ci attende comunque. Un personaggio assurdo. Raggiunta la casa, poco lontana dal centro, parcheggiamo e scarichiamo l’auto.
Saliamo, rapidi, in casa e il nostro anfitrione si perde a parlare dello Spalato (la squadra di calcio, di cui io ignoro ogni informazione esistente). La moglie chiama arrabbiata, lui scappa e noi usciamo.
Il centro di Spalato, al primo sguardo, mi ha ricordato Tunisi.
Bancarelle, folla, rumori.
Architetture romane, greche, un mix di bianchi, senape e gialli. Subito dopo, però, vengo rapito dal campanile, e poi dalla chiesa.
Tutto il centro storico, un tempo, era la villa, o il palazzo, di Diocleziano. La vita qui è animata, locali e turisti, insieme, vivono la sera con dinamismo.
Localini belli, profumi di cucina, aria di gioia.
E’ una città che si dimostra subito incantevole.
Passeggiamo perdendoci tra i vicoletti, e poi il lungomare per osservare il tramonto sulle onde e sui campanili. La cena, però, diventa un dramma. Non avendo prenotato, nessun posto disponibile. Ceniamo in un ristorantino dietro casa, un mix croato-messicano.
Alla fin dei conti, nonostante l’assenza di climatizzazione e di acqua in frigo, si cena bene, ed anche tanto.
A letto, di corsa e l’indomani l’auto ci avrebbe compagnati a Krka.
Abbandoniamo le coste adriatiche e puntiamo all’interno della Croazia. Tra fiumi, cascate e natura la voglia di avventura è tanta.