L’aria tiepida della primavera stava prendendo il posto di quella, più gelida, che riempie gl’inverni di Milano. E con l’arrivo del primo sole tiepido, il fiorire dei primi germogli nei campi e sul bordo strada, l’idea di organizzare una vacanza stava prendendo forma. Perchè non un viaggio, integralmente, on the road?
Partenza da Milano, andata e ritorno. L’idea era di non rinunciare al mare, ma neppure scegliere mete dove poco altro ci avrebbe potuto allietare, quindi, con un po’ di curiosità abbiamo scelto la Croazia.
“Vediamola tutta!”, o almeno, proviamoci. E così, via.
Giunto Agosto, freneticamente atteso, il pomeriggio tardo del giorno 6, dopo il lavoro abbiamo dato il via al motore per macinare la strada.
Direzione Croazia
Un viaggio senza sosta, fino a Dubrovnik, con partenza serale, avrebbe potuto essere fatalmente letale.
Quindi la nostra prima tappa è stata, per una sera Cittadella. Piccolo e suggestivo borgo del Veneto, poco a nord di Padova. Cena allegra, tra i frinire dei grilli e delle cicale, con piatti tipici e non: baccalà mantecato (assolutamente un must), sarde in saor (mi perdonino i veneti se lo scrivo male), lumache all’insalata, linguine con granchio di laguna, gamberi, vongole e altre bontà locali… Venete, di mare, più che locali.
Ovviamente ad accompagnare il tutto prosecco (che tanto viene bistrattato, per esser poco costoso, ma che sa sempre avere carattere, a modo suo) e Lugana.
Nottata di riposo e l’indomani, di buon mattino, alle 6:30 la sveglia suona. Caffè, bello amaro, e via, in macchina.
La strada da macinare sarebbe stata davvero tanta. Da previsione, poi veritiera e precisa, circa 10 ore d’auto.
Avremmo dovuto affrontare l’Italia, superare Trieste, poi un tratto di Slovenia, e finalmente Croazia. Correre lungo le autostrade fino alla dogana in Bosnia, percorrere una trentina di chilometri in questa nazione, e poi nuovamente dogana per tornare in Croazia e, finalmente, raggiungere Mlini, quindi Dubrovnik.
Croazia on the road
Sole algido di una mattina d’Agosto.
Con ancora il profumo del caffè nelle narici, l’asfalto ha iniziato a correre fluido sotto le ruote dell’auto. Poche valige: un trolley da cabina a testa, ed uno zainetto con lo stretto indispensabile.
Direzione Trieste.
L’orario e l’essere nel mezzo della settimana ci hanno garantito l’assenza di traffico per quasi la totalità del percorso, fino al confine.
Solo una sosta rapida per comperare un libro, un caffè e una bottiglietta d’acqua. “M” di Sicurati mi avrebbe accompagnato nel viaggio, e anche dopo…
La Slovenia si apre subito, con edilizia caratteristica e che subito lascia percepire di non essere più in Italia. Ma passa veloce. L’ingresso in Croazia è quasi impercettibile, le terre di confine son sempre una miscela di generi, stili, culture.
Belli, lungo le strade, poi i porcelli al girarrosto, come un richiamo alla porchetta laziale. La strada scorre fluida in Istria, poi vira verso l’entroterra. Boschi, piccoli borghi di montagna, silenzio tutto intorno.
La sosta pranzo, per non dilatare i tempi, è stata rapida, in autogrill nel mezzo del nulla. Frugalità? Beh, per quanto possibile, si. Ma di frugale, in Croazia, c’è spesso una specie di salsiccia: il ćevapčići, un mezzo hamburger, una mezza salsiccia all’aglio. Qualche verdura al vapore e un po’ di acqua gasata.
Prezzo? Non economico, circa 13 euro a testa.
Un Paese dopo l’altro
Riprendiamo la strada, con sosta solo per un espresso, per darci la carica. Pagato bene, direi: 2€.
L’unico tratto più “lento” è stato l’arrivo alla dogana bosniaca. Prima di raggiungerla, però, mi sento di segnalarlo, il paesaggio cambia: si vira verso il mare, si digrada dai monti, lungo tornanti con panorami mozzafiato. Si costeggia, in lungo, un fiume, con a sinistra le acque scure, e a destra campi e mille chioschetti arrabattati dove verdure e frutta brillano al sole del tramonto.
La dogana è formale, pochi controlli e si fila via. Ma il tratto di strada in Bosnia regala scene assurde: edilizia selvaggia, caos, una sensazione di confusione e poche regole. Brutta, indubbiamente.
Si torna, rapidamente, in Croazia. Torna l’ordine, una certa idea di regole e pulizia. Vigneti intorno, mare, sole arancione: un mix di colori e atmosfere incredibile.
Siamo vicini alla meta.
Si intravede Dubrovnik in lontananza, prima città vecchia, poi la moderna. E noi filiamo via, a circa 15km dal centro, per raggiungere Mlini. Piccolo borgo a sud di Dubrovnik, in direzione del Montenegro, dove tra la quiete e la salsedine, decidiamo di soggiornare per tre giorni.
Mlini: la città dei mulini (dice qualcuno)
Mlini è un borgo di mare, molto curato e molto turistico. Sulle pagine web che presentano la Croazia viene raccontato come suggestivo, ricco di vecchi mulini ad acqua, un centro storico ecc., ma, in realtà, le cose che per prime saltano all’occhio sono gli hotel di lusso, le belle ville, le spiagge libere e pulite, il parco e la pineta, mille localini curati e la quiete assoluta.
C’è qualche centro commerciale, negozi e tante attività da poter fare per trascorrere le giornate di vacanza… Ma questa è un’altra storia.
Abbiamo avuto la fortuna, o l’acume di cercare attentamente, di alloggiare in una villa bellissima. Ci ha ospitato Mark, offrendoci una casa davvero bella: salotto e cucina, terrazzo, due camere da letto, due bagni, cortile e giardino. A due passi dal mare.
La prima sera, dopo esserci sistemati in casa, una doccia fresca, ci siamo preparati a una passeggiatina serale.
A poca distanza dalla casa, nella pineta con affaccio mare, abbiamo cenato in un ristorantino molto carino: lucine dorate, giardino dal look un po’ shabby chic, sorrisi. Piatti tipici della zona, come la Buzara di cozze (in bianco), del pesce e un brodetto con un vino bianco locale. Prezzi? Non economici come si racconta.
In quattro, con antipasto e un piatto a testa, circa 40€ a persona.
Un tuffo nell’Adriatico
La notte, trascorsa quieta, ha aperto le porte ad una giornata di relax.
Mlini offre spiagge molto belle, libere (ma è possibile noleggiare un lettino con pochi spiccioli) e dotate di cabine per cambiarsi (gratuite!) e docce.
Il mare, tiepido, ci ha accompagnati per tutta la mattinata.
Senza fretta alcuna, recandoci al supermarket sul lungo mare, abbiamo comperato qualcosa per pranzare e a casa ci siamo rifocillati.
L’obiettivo era raggiungere una spiaggia più “selvaggia e suggestiva” nel pomeriggio. Boba, la moglie di Mark, ci ha consigliato di raggiungere un angolo selvaggio, chiamato Pasjaca.
Trattasi di una spiaggia raggiungibile soltanto per mezzo di una scala scavata nella montagna a picco sul mare.
In fondo, piccola e compatta, c’è la spiaggia. Affaccia a sud ovest, quindi niente tramonto sul mare. Carina, ma affollata, nonostante la fama di location inaccessibile e selvaggia.
L’indomani avremmo puntato a Dubrovnik.
Dubrovnik: che caos i turisti!
Per me Dubrovnik, altrimenti nota come Ragusa, non sarebbe stata una novità. Avendola vista già due volte, in occasioni e momenti diversi della vita, l’entusiasmo non era poi così tanto.
Prima delle considerazioni, però, raccontiamo la giornata.
Partiti da Mlini, su consiglio di Mark e Boba, abbiamo optato per un traghetto (non lo è, in realtà, è più una barchetta – taxi-boat) che dal porticciolo del comune dei mulini ci ha condotti, direttamente alle mura di Dubrovnik. 32€ in quattro, giusto prezzo, contando la comodità di non dover far altro che star seduti.
Sbarcati, dopo una traversata tranquillissima, ammirando la costa spoglia e qualche albergo abbandonato e ancora con i segni della guerra che ha colpito questi territori della Dalmazia, ci siamo trovati catapultati in una città piccola e caotica.
Non di quel caos alla Napoli, alla Palermo o alla Milano, ma un caos da parco giochi.
Un parco giochi…
Turisti ovunque, odore di fritto, la salsedine mista al cherosene delle barche, acescenza da birra, profumo di donne, profumo di uomini, rumore di voci, bambini, adulti, mille lingue diverse.
Ci incamminiamo verso il centro.
E’ tanto cambiata da come la ricordavo. Ci ero stato dieci anni prima, ed era un luogo molto, molto, più autentico. I turisti non sono mai mancati, ma erano in quantità adeguata ad un piccolo centro storico. L’autenticità dei locali e negozi era percepibile, adesso, invece, come a Firenze, sembra tutto finto.
Lungo le strade abbondano i bar, e i negozi di immancabili souvenir, purtroppo inflazionati tantissimo dal fenomeno Game of Thrones.
Essendo stato set della serie, quale Approdo del Re, oggi tutto quasi ruota intorno alla serie tv di HBO, rovinando la bellezza del luogo.
Abbiamo passeggiato, comunque, da bravi turisti per il centro storico. Ammirandone le architetture antiche, e nei vicoletti silenziosi apprezzando ancora la lentezza della vita. Immancabile, infine, il giro mura.
Lungo, sotto il sole, e stancante, ma un must per chi visita la città.
A spasso sulle mura di Dubrovnik
Le mura, infatti, che girano interamente intorno al centro storico, sono tenute benissimo e consentono di perdersi con lo sguardo tra tetti, mare e l’isola di Lokrum. Pranzo frugale e rapido in un locale a caso, dopotutto Dubrovnik poco offre di autentico, con delle “bruschette” che avrebbero avuto, forse, nel nome qualcosa di italiano… ma che di italiano non avevano in realtà manco la fantasia.
Caffè e via con qualche altro passo da fare per i vicoletti, fino a voler tornare a Mlini per dedicarsi al mare, al tramonto.
Qualche breve considerazione
Dubrovnik è carina, ma è come Gardaland ormai. Tutto fa business, tutto fa turismo. Tutto, anche la storia, si perde nell’inseguire il denaro, cancellandosi per lasciar spazio a storie e avventure, tour e aneddoti sulla serie TV.
Preferisco ricordare la città di Ragusa, in Dalmazia, come l’ho vista anni ed anni fa.
Dopo una cena tranquilla a Mlini, in un localino vista mare, e dopo un bagno al tramonto nella completa tranquillità del borgo, la notte e le valige ci attendevano per condurci, l’indomani, all’isola di Hvar.