Birkenstock, quando il lusso diventa di sughero

Birkenstock, quando il lusso diventa di sughero

Birkenstock è entrata nel mondo del lusso e della moda a mani basse, grazie all’interesse di uno dei maggiori fondi di investimento del lusso: LVMH (Moët Hennessy Louis Vuitton SE). Si, avete capito bene.
Parliamo proprio di quel Louis Vuitton e di quel Moëtlo Champagne probabilmente più famoso al mondo. E a fargli compagnia, tra i brand gestiti dal fondo, troviamo Bulgari, Dior, Kenzo, Fendi, Guerlain, DKNY, Loro Piana, Tiffany (gioiellerie), e dal mondo del vino Moët & Chandon, Veuve Clicquot, Hennessy, ma l’elenco potrebbe continuare.

Ora, voi scettici, odiatori del sandalo di sughero, non vi state domandando: è mai possibile? Si! Lo è! Perchè Birkenstock è un “capolavoro – ve lo dice uno che non ne ha fatto una religione, ma vorrebbe.

Logo Birkenstock

Ma di Birkenstock voi cosa sapete?

La storia dei sandali Birkenstock

L’azienda (forse per i tempi era ancora prematuro chiamarla azienda) nasce in Germania, nel lontano 1774 nel comune di Langen-Bergheim, nei pressi di Francoforte sul Meno. Dai registri pare che a fondare l’attività fosse un certo Johann Adam Birkenstock, calzolaio.

Qualche tempo dopo, sul finire del XIX secolo, apparvero a Francoforte due botteghe (negozi) di calzature intestati a Konrad Birkenstock. Si racconta – diamo questo tono enfatico alla storia per accrescere l’hype del lettore – che Konrad si fosse impegnato per proporre ai suoi clienti una scarpa di nuova concezione. Fino ad allora tutte le suole ed i plantari delle scarpe erano piatti, ma il nostro Birkenstock aveva speso non poche energie per realizzare un plantare che sostenesse il piede ed in parte lo avvolgesse: la rivoluzione era la sagomatura!

Non ci volle molto, con l’avvento delle produzioni industrializzate di calzature (XX secolo), e l’espansione del mercato, la tecnologia aiutò Konrad a creare delle suolette innovative. Potevano essere inserite all’interno di ogni calzatura, sostenendo il piede indipendentemente dalla scarpa.

“Fussbett, letto per il piede”

Con questo concetto, Fussbett, Birkenstock inizia il proprio percorso nel mondo della moda, costruendo un’immagine fortemente legata alla comodità della calzata. Il logo, infatti, sulle prime scatole rappresentava (ed in parte ancora oggi) un piede gigantesco che poggiava su un letto (il contemporaneo Soft Footbed, che connota il brand tedesco).

Fussbett il concetto dietro Birkenstock
Fussbett il concetto dietro Birkenstock. Una suola concepita per dare comodità e sostegno alla pianta del piede. (Fonte immagine: birkenstock-group.com)

La fama cresce

Birkenstock inizia a farsi conoscere, le nuove suolette – progettate dal nuovo erede, Carl figlio di Konrad – diventano un prodotto apprezzato dagli ortopedici.
Il lavoro di Carl Birkenstock non fu solo legato allo sviluppo di suolette sempre migliori e alla gestione aziendale, ma anche strettamente correlato allo studio delle patologie del piede, dovute all’uso di calzature inadatte o di scarsa qualità.

Birkenstock ed il successo… del sughero

Ora, qualcuno si domanderà – a ragione, forse! – come abbiano fatto dei prodotti ortopedici ad affermarsi sul mercato di massa. Se non si avevano problemi, perchè comprare delle scarpe “ortopediche”? Domanda lecita, ed eccovi una risposta.

Birkenstock non è, e non era, l’unica azienda tedesca a lavorare su prodotti calzaturieri in materiale naturale (legno) e con attenzione ai problemi podalici. Ve ne sono, ancora oggi, svariate. Così come allora, infatti, il popolo teutonico nutriva una forte passione per il camminare… di conseguenza…

Le terme, in Germania, hanno sempre avuto un ruolo importante per il turismo. I vari avventori, provenienti dagli altri paesi d’Europa, dopo i bagni ristoratori trovavano giovamento nelle passeggiate immersi nel verde. Cosa indossare, se non delle scarpe comode?

A Carl succede Karl.
E’ con Karl che prende il via la Birkenstock che conosciamo oggi. Nasce il famoso, iconico, comodissimo – si capisce che ne sono fan? – plantare in sughero (anche se oggi è in sughero e lattice).

Il primo modello che fu creato dal geniale Karl, figlio di Carl, figlio di Konrad fu il Madrid. Si, lo vendono ancora oggi!
La scarpa nacque più per dare comodità al piede, che per esser bella. L’intera struttura, infatti, ruotava intorno al concetto di equilibrio: se la scarpa avesse dato la continua impressione di cadere, il camminatore avrebbe usato continuamente e costantemente i muscoli del polpaccio e delle dita del piede per far aumentare il grip sul plantare, tonificandosi.

Hancock e Dundee
Nel catalogo Birkenstock esistono, ad oggi, numerosi modelli, estivi ed invernali. Hancock e Dundee sono due tipologie di scarpe chiuse del brand tedesco.

La storia contemporanea di Birkenstock

Ma, nella storia contemporanea, cosa è successo al brand tedesco?
La diffusione a livello mondiale – ma forse ci si riferisce agli Stati Uniti – si ebbe, secondo il New Yorker grazie alle mamme di Brooklyn.
Pare che tutte (o quasi) indossassero durante le passeggiate con i bebè e con i passeggini un paio di sandali Gizeh. Ammetto, da possessore dell’anzidetto modello: sono super comodi!

Che Birkenstock abbia assunto il ruolo di vendicatore contro il tacco a spillo?
La risposta lasciamola alle donne che li usano.

Pian piano, comunque, Birkenstock ha scelto di ampliare sia la gamma di modelli, sia le tinte in cui proporli, nonchè i materiali. Sono nate diverse tipologie di sandalo, e poi anche le scarpe chiuse.
E quando qualcosa, in qualche modo, inizia ad attirare l’attenzione è inevitabile che finisca sotto i riflettori: Miley Cyrus ne sfoggiò un modello ingioiellato, Valli ne realizzò un modello borchiato, Givenchy proposte un look floreale, ma fu la Phoebe Philo a proporre una versione (di cui oggi si possono trovare in vendita vari modelli) con pelliccia.

Kate Moss

L’aspetto “Eco” delle Birkenstock

Birkenstock ha un certo ascendente su tutti coloro i quali si sentono eco-friendly.
Queste scarpe tedesche hanno saputo raccontare una storia diversa, di ribellione alle regole formali, un ritorno alla salute e alla natura. Lo hanno fatto offrendo comodità, spesso – e per alcuni – a discapito della bellezza del design.

Sono poi diventate anche un oggetto di moda, identificativo, per tutti quelli che hanno fatto delle battaglie ambientali una medaglia al merito. Sono come una spilla!
Birkenstock si è fatta conoscere, ed apprezzare, anche perchè sono scarpe (o sandali) dalla durata incredibile: si riparano da un qualsiasi calzolaio, si possono risuolare in un attimo, andando a posizionarsi in antitesi con i prodotti “usa e getta.
Avete notato che di calzolai ce ne sono sempre meno? Le scarpe, quelle tutte in gomma, sono da buttare appena rovinate.

Birkenstock Arizona feat Valentino

Birkenstock non è sexy

Il tormentone più scadente che si possa ascoltare, quasi ogni estate, anzi, ogni estate è che con le Birkenstock non si rimorchia. E di articoli sul tema il web straripa.
Oltre al fatto che chi ripete questa litania, probabilmente, è stato/a rimorchiata proprio da un utilizzatore delle tedesche di sughero, le Birkenstock sono diventate ormai un oggetto sfoggiato con disinvoltura e orgoglio da un sempre più ampio pubblico. Lo dimostrano le svariate collaborazioni con case di moda avutesi nel tempo.

Plantare Fussbed in sughero e lattice

Numeri e qualità

Su questo sito abbiamo già parlato di scarpe (italiane, rigorosamente: le Magut), e per questo oggi parliamo di Birkenstock.
Nella nostra cultura la moda ha un suo peso, ed anche le scarpe. Oltre al mocassino (altra scarpa profondamente dibattuta), francesine ed inglesine sono il simbolo del ben vestire.
Ma come ci sono arrivate, e come si sono diffuse in Italia le tedesche in sughero?

A portarle in Italia è stato un imprenditore di Bolzano, Ewald Pitschl (fonte), che ha voluto mettersi in gioco e sfidare i canoni modaioli del Bel Paese. Le prime battaglie furono perse, ma la testa dura l’ebbe vinta. Nacque la NaturalLook, l’azienda che oggi commercializza il brand in Italia. le prime vendite furono poche, indubbiamente, ma la perseveranza è stata ripagata.

Pian piano i sandali trovano il loro posto anche nel nostro mercato nazionale, e ad oggi sono state vendute in Italia oltre 4.000.000 di paia di Birkenstock.

Oggi Birkenstock non si occupa più soltanto di produrre scarpe e sandali, ma ha esteso il proprio portafoglio prodotti a letti, cosmetici e prodotti per professionisti (ad esempio le ciabatte da uso ospedaliero), accessori come borse, calzini, cinture ecc.
Nel 2017 sfila a Parigi con una linea di vestiario, lancia una nuova idea di pop-up store del sandalo (il Birkenstock Box, di cui ne ha parlato anche Vogue), sviluppa continuamente collaborazioni con architetti, stilisti, designers, triplicando le vendite tra gli anni 2012 e 2016 (750 milioni di Euro).
Se, però, fino ad un anno fa si parlava di Birkenstock come una delle aziende più importanti della Germania, caratterizzata ancora dalla gestione della famiglia Birkenstock, oggi dobbiamo dire addio a questa idea. Entra nel mondo del lusso a mani basse.

Il fondo francese acquisisce la maggioranza del capitale azionario dell’azienda tedesca, cifre da capogiro: 4 miliardi di Euro.

Birkenstock Kairo
Modello: Kairo
Super Birki . Birkenstock
Le "pantofole" della linea SuperBirkis
Timmins Birkenstock
Modello: Timmins

Come sono ai piedi le Birkenstock?

Beh, come sono le Birkenstock è facile a dirsi, per me! Superlative. 
Mai provata scarpa più comoda, sia in versione sandalo che stringata. Anche in modello stivaletto (forse le mie preferite in assoluto).

Ma tutto ruota intorno alla suola, che nonostante un primo approccio non proprio amichevole (anni fa, le provai per la prima volta dopo aver indossato quasi per 12 ore delle Converse, e la sensazione di un plantare rigido, sagomato, leggermente vellutato sotto la pianta del piede fu veramente strana), si dimostra incredibile: dopo giornate intere ai piedi non si sente stanchezza nel polpaccio. Ci puoi camminare davvero ore.

Lasciando da parte l’estetica, sempre tema di carattere personale, la riconoscibilità dei sandali è indiscutibile. Mentre i modelli invernali, ancora poco noti, sono di più difficile associazione al brand. 
Tutti i materiali naturali, pelle e sughero + lattice, dimostrano un’ottima durata nel tempo: ovviamente va fatta manutenzione alla scarpa, con detergente nutriente per la pelle, soprattutto d’inverno in caso di piogge, ma tutte rendono in modo ineccepibile anche dopo anni. La suola, in gomma, è piuttosto solida ma, anche in caso di consumo eccessivo, è possibile sostituirla integralmente poichè il corpo della scarpa è fissato al sughero.

L’impronta del piede

Per qualcuno è poco bella la forma del piede che si imprime nel sughero col tempo, e con lo sfregamento della pelle sul sughero leggermente vellutato (complice il sudore). Si, indubbiamente non è bello, ma è possibile pulire la parte interna superiore del plantare in modo piuttosto semplice: acqua e sapone neutro, con una spugnetta leggermente abrasiva (come quelle per i piatti). Dandoci di gomito il sughero è come se si rigenerasse (non come nuovo, sia chiaro) e la scarpa allunga la sua vita utile.

Insomma, si dimostrano eterne.

Conclusioni

Cosa accadrà ai prodotti Birkenstock con l’ingresso dell’azienda nel fondo LVMH non si sa, potrebbe esserci un’impennata dei prezzi (?), già non troppo economici, e spero vivamente non si abbia una rivisitazione della qualità del prodotto.
Magari, chissà, arriveranno modelli meno “caratterizzati” dal passato, più facili da digerire dalla massa. L’offerta già oggi è ampia a dismisura, con modelli uomo, donna e bambino di ogni tipo.

Io sicuramente ne comprerò un altro paio a primavera/estate, allargando la “collezione“… probabilmente con un modello Kairo.

Recensioni brevi

Birkenstock Ramses

Infradito piuttosto classiche. Hanno una struttura in pelle che tiene abbastanza saldamente il collo del piede. Comode, come tutte le Birkenstock, e super resistenti. Le ho da anni, hanno visto percorsi d’ogni tipo: dal Marocco alle isole Greche, dai monti dell’Appennino alle coste tirreniche della Calabria, dalle strade di Stoccolma all’argine del Pò a Ferrara, e posso dir di loro soltanto una cosa: ineguagliabili!

Birkenstock Gizeh

Nell’aspetto ricordano un po’ il modello Ramses. Le ho comprare piuttosto recentemente per averne un paio di supporto (anche perchè, onestamente, si assomigliano un bel pò e difficilmente pare di aver cambiato modello).
Sono meno fascianti sul collo del piede, ma egualmente comode. Il materiale, però, è tendente allo scamosciato e sono più delicate. Come l’altro modello, non perdono un colpo. Tra Milano e la Sicilia si macinano chilometri senza pietà!

Birkenstock Dundee

E’ il primo modello invernale che ho comperato. Sono il corrispondente del modello polacchina di casa Birkenstock. Ne esistono di svariati colori, con suola colorata o classica.
Sono comode, e lo strato di sughero e lattice della suola le rende davvero isolanti nei mesi autunnali-invernali. Più calde dei modelli Clark’s, le trovo anche più comode per il plantare sagomato. Esteticamente sono massicce, poco eleganti e per essere ironici: “ricordano le scarpe dei popolani medievali” – soprattutto in color marrone.

Birkenstock Timmins

Stringate tendenti al classico. Rientrano a pieno titolo nella categoria “derby, ma mantengono evidente l’appartenenza alla casa tedesca. La copertura, in pelle battuta, è ottima e le finiture impeccabili.
Rispetto alle sorelle Dundee hanno una pianta più stretta e la vestibilità è più fasciante. Comode, con dettagli curati.

La suola, alta, è in gomma. Non sono un modello caldissimo, ma sono piuttosto versatili, stando bene sia sotto un paio di jeans che sotto un pantalone dal taglio classico. Sono disponibili in meno colori delle Dundee, ma il plantare è un classico Birkenstock e utilizzarle non stanca piedi e polpacci. Sono le mie preferite.

Birkenstock Hancock

Quando penso all’inverno, penso subito a loro. Gli stivaletti Birkenstock sono un capolavoro, almeno per me. Il plantare, classico, c’è, ma la forma si mimetizza. Non sono facilmente riconoscibili come delle Birkenstock (anche perchè pochi, o quasi nessuno, sa che ne esiste un modello così!) e ricordano, nell’estetica, gli stivaletti da scalata utilizzati negli anni cinquanta.

Alte oltre la caviglia, in pelle chiara, un ocra (mi sembra che attualmente siano disponibili solo in colori scuri) hanno rifiniture e dettagli molto interessanti. Il logo in leggero rilievo sul tallone, inserti in pelle scura, ganci per i lacci in metallo ottonato, cuciture perfette. Resistono bene alla pioggia, ma va fatta manutenzione con idratante per pelle (io uso un idratante neutro) evitando i segni d’usura.

Comode, tendono ad adattarsi alla forma del piede col tempo. Abbigliamento casual, camicia a quadrettoni e jeans… perfette. Le preferisco alle concorrenti super famose nel loro classico giallino, le Birkenstock sono indistruttibili.

Super Birki

Sono brutte a guardarsi. Innegabile. Grosse, massicce, pesanti. Ma sono comode come poche altre “pantofole“. Indistruttibili, nel vero senso della parola. In materiale palastico, con plantare in lattice e sughero, sono lavabili.

Non danno l’idea di essere calde d’inverno, ma lo sono. D’estate non indossabili.
Le migliori paseudo-pantofole che abbia mai comperato: da anni sono intatte. Igienicamente facili da curare, fanno il loro dovere: mi fanno stare comodo! In casa, anche per intere giornate, le gambe beneficiano del plantare ergonomico di casa Birkenstock. Promosse, anche se brutte!

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